APPROFONDIMENTI

Coronavirus, è davvero arrivato il cigno nero?

Non è il primo nella storia, ma come in altre occasioni i mercati hanno reagito in modo scomposto. Ora tocca alla politica dare risposte convincenti

di Lorenzo Batacchi

Molti economisti stanno analizzando questa terribile pandemia mondiale causata dall'oramai tristemente noto Coronavirus, come un classico "Cigno Nero" per i mercati finanziari, ovvero quello che Nassim Taleb nell'omonimo libro ha definito evento raro e imprevedibile.
I mercati hanno inizialmente sottovalutato gli effetti del virus per poi passare velocemente a scontare il peggio: l'S&P500, dal picco dello scorso 19 febbraio al minimo del 23 marzo (23 sedute), ha infatti perso il 35%, un record negativo storico. D'altronde, da quando è stato chiaro che la diffusione del virus non sarebbe rimasta circoscritta alla sola Cina, tutte le principali case d'investimento hanno rivisto al ribasso le stime di crescita dell'economia mondiale; citiamo a scopo informativo l'ultima previsione della merchant bank statunitense Goldman Sachs, che vede il Pil 2020 di alcuni stati Europei in forte recessione: -11.6% per l'Italia, -9.7% per la Spagna, -8.9% per la Germania, -7.4% per Francia.

Se a fine febbraio il mercato si aspettava una ripresa economica del tipo a "V" e un impatto sui conti aziendali transitorio, oggi si ipotizzano shock più duratori con una possibile ripresa economica mondiale (a essere ottimisti) a "U". Per il 2021, sempre Goldman Sachs prevede per la Francia un Pil in ripresa del 6.4%, per l'Italia del 7.9% e per Germania e Spagna del 8.5%. Che una recessione sia oramai presente in tutti i paesi europei, simile per gravità e natura globale a quelle del 1929, pare ormai conclamata, mentre pare azzardato fare previsioni per i prossimi trimestri. Tutto dipenderà infatti da alcune variabili esogene particolarmente difficili da ponderare, come ad esempio: la durata delle misure di contenimento, la velocità della decrescita della curva dei contagi, la velocità dell'eventuale successivo rimbalzo economico e l'operato delle banche centrali. Da quando la pandemia globale è scoppiata ben 97 banche centrali hanno tagliato i tassi d'interesse, ma gli interventi sono anche stati effettuati direttamente sui mercati finanziari, con acquisti sia di titoli pubblici sia di corporate: insomma, un vero e proprio "global stimulus tsunami".

La Fed ha poi messo in campo in poco tempo (appena quattro settimane) un Quantitative Easing straordinario, che ha superato per ammontare tutti i precedenti. Anche la Bce, dopo un primo "fraintendimento" nella comunicazione nel meeting dello scorso 12 marzo - in cui il Ftse Mib aveva segnato il maggior calo giornaliero di sempre (-16.9%) -, ha messo in campo un nuovo (forte) intervento, con l'intento di fungere da acquirente di ultima istanza di tutti i titoli di Stato dell'area Euro, finché sarà necessario. Grazie alle azioni delle principali banche centrali i mercati sono quindi riusciti a rimbalzare sensibilmente dai minimi, almeno per il breve periodo. In queste condizioni pare pressoché impossibile avere certezze sull'evoluzione futura dei mercati finanziari, tuttavia una certezza non legata alle borse pare esserci: usciti da questa "tempesta" sarà tutto diverso. Cambieranno sicuramente i rapporti interpersonali e cambierà, soprattutto, la globalizzazione per come l'avevamo conosciuta fino a ieri. Se fino ai giorni prima della comparsa del Covid-19 le big company avevano basato le loro attività sull'arbitraggio mondiale fra costi del lavoro e costi normativi (si produceva dove la manodopera costava meno e con poche imposizioni normative), post virus si parlerà di "onshoring", con possibili conseguenze politiche ed economiche per tutti noi. 

In futuro non si potrà quindi più pensare solo alla produzione delocalizzata al più basso costo possibile, ma sarà necessario considerare una catena di fornitura più corta e più resiliente. La nuova supply chain dovrà essere in grado di produrre localmente generi cha abbiamo scoperto essere indispensabili (ad esempio mascherine, respiratori, ecc…). Sarà importante fare delle scelte politiche su chi inserire nelle filiere di approvvigionamento dei generi strategici, con effetti che potrebbero però portare a degli eccessi di nazionalismo. Il vero cigno nero non sarà forse il virus, prevedibile in un mondo globalizzato, come aveva ipotizzato Bill Gates in tempi non sospetti, bensì la sua gestione e il dopo. Post Coronavirus potremmo trovarci davanti a un mondo nuovo, una globalizzazione per così dire su base nazionale e nuove autarchie. Tuttavia, saremo di fronte a una grande occasione da sfruttare: nuovi equilibri geopolitici mondiali che potrebbero portare a una redistribuzione più equa dei capitali. Dopo anni potremmo inoltre assistere a una collaborazione fruttuosa fra autorità fiscali e banche centrali. 
Il vero cigno nero potrebbe quindi non essersi ancora svelato del tutto. Se la politica europea riuscirà a dare risposte coordinate a questa crisi globale si potrà avere l'occasione d'oro per migliorare le condizioni di tutti ed evitare il vero "black swan" del secolo.