Ernesto Pellegrini, una vita da imprenditore "etico"
L’Inter, la Fondazione e centinaia di ristoranti aziendali: l’ultimo in BPER. Ecco il racconto di uno degli industriali italiani più popolari
Oltre 50 anni di attività vissuti attraverso momenti storici molto diversi, dal Miracolo economico fino alla rivoluzione digitale passando per la Guerra fredda e la formazione dell’Europa unita: Ernesto Pellegrini, classe 1940, ha visto l’Italia e il mondo cambiare anno dopo anno, ma nel frattempo ha cercato di interpretare abitudini e condotte di una società che si trasformava insieme alla politica e agli affari.
In un’epoca di prosperità diffusa e di apertura culturale come da tanto non si conoscevano, Milano si presentava come l’habitat ideale per chi aveva voglia di fare, per chi voleva sognare, proporre e progettare, come lui. Capitale economica di un Paese che andava affermandosi ormai tra le maggiori potenze industriali mondiali, il capoluogo meneghino vedeva fiorire intorno a sé fabbriche, cantieri e stabilimenti.
Per Pellegrini, in effetti, tutto è cominciato proprio in una delle tante aziende dell’hinterland milanese, la “Edoardo Bianchi Biciclette”, per tutti nota semplicemente come “la Bianchi”, dove ricevette il suo primo incarico da impiegato mentre ancora studiava all’Università. Qui ebbe la particolare intuizione che il servizio di distribuzione dei pasti sul luogo di lavoro avrebbe avuto un grande avvenire, ma l’inizio di questa storia “è avvenuto un po’ per caso” - ammette lui stesso. “Ero capocontabile quando nacque l’esigenza di sostituire il gestore della mensa. Non sapevo nulla di cucina, ma mi diedero ugualmente fiducia e iniziò così la mia avventura. Capii subito che questo segmento era destinato a un grande futuro poiché la ristorazione sul luogo di lavoro costituisce per i dipendenti una circostanza di aggregazione e quindi di valore per tutto il personale. Decisi successivamente di proseguire per conto mio su questa idea e non passò troppo tempo perché le gestioni si moltiplicassero: ho visto tante realtà crescere e svilupparsi, dal boom degli anni ‘60 alla globalizzazione dei giorni nostri”.
Già dopo un anno, infatti, Pellegrini aveva ottenuto tre commesse e oggi il suo Gruppo conta circa 8000 dipendenti e 600 mense gestite. L’ultima proprio qui da noi in BPER Banca. Che bilancio fa di una carriera così lunga?
“Sicuramente molto positivo. Inizialmente non pensavo di arrivare a descrivere la Pellegrini con i numeri attuali, che comunque considero ancora un punto di partenza. Di strada ne possiamo fare ancora tanta. Certo, non è stato facile arrivare fin qui e tutto questo è frutto di uno sforzo persistente, giorno dopo giorno, con l’obiettivo di offrire sempre una buona qualità del servizio per la soddisfazione del cliente”.
Dal 2013 ha poi intensificato il suo impegno nel sociale per mezzo della Fondazione, coronato con l’iniziativa del famoso ristorante solidale Ruben, nella sua Milano. Qui chi ha necessità può consumare un pasto al costo di un solo euro, i più piccoli non pagano nulla e si prova a far sentire tutti come se fossero a casa loro. In che momento ha sentito l’esigenza di portare avanti questa straordinaria iniziativa?
“Ruben era un contadino che aveva lavorato per un lungo periodo per la mia famiglia. Morì in una tragica situazione di povertà. Quando accadde non ebbi la possibilità di aiutarlo, ma da allora nel mio animo è rimasto il desiderio di poter far qualcosa per i più bisognosi. In occasione dei 50 anni della Pellegrini, insieme alla mia famiglia abbiamo costituito una Fondazione che porta il mio nome e avviato, appunto, Ruben. È un’esperienza straordinaria che ci riempie di gioia. Pensi che il 30% degli ospiti presente a tavola è costituito da bambini che trasmettono allegria con la loro vivacità e assieme ai nostri volontari riescono a portare ai tanti ospiti un po’ di serenità”.
Lei è divenuto popolare tra tanti italiani soprattutto in relazione al ciclo di presidenza all’Inter, dal 1984 al 1995. Sono passati ormai molti anni, tuttavia le capita qualche volta di sentire la mancanza del calcio?
“Sono stato e sono tuttora un amante dello sport, prima del ciclismo e poi del calcio. Sono molto contento di aver fatto un’esperienza così emozionante e travolgente come quella della presidenza dell’Inter. Fin da bambino sono stato un supporter di questi colori e può immaginare che sensazioni ho provato quando sono arrivato al vertice del club. Comunque, ogni cosa a suo tempo. Oggi sono ritornato ad essere un inesauribile tifoso”.
La sua è stata anche l’Inter dei record, una delle più forti in assoluto. Ha avuto nella sua squadra tanti giocatori tra i più competitivi al mondo. Di quale acquisto è stato più orgoglioso?
“Non è facile individuare dei nomi specifici, rischierei di far torto ai tanti giocatori che ho avuto. Se proprio debbo sbilanciarmi, posso dire di ricordare con affetto, ma anche con profonda stima umana, il ‘Trio dei tedeschi’ che sono stati protagonisti per alcune stagioni: Klinsmann, Matthäus e Brehme”.
Torniamo alla sua biografia di imprenditore. Nel suo settore considera più importante saper innovare o mantenere un buon legame con la tradizione?
“Certamente sentiamo la responsabilità di ‘dar da mangiare’ tutti i giorni a decine di migliaia di persone, per cui il nostro servizio deve indiscutibilmente essere curato dal punto di vista qualitativo e incontrare il gradimento dei consumatori. Fatta questa premessa, dico che la nostra offerta parte sicuramente dalla tradizione della cucina italiana, che - grazie alla professionalità e alla formazione continua dei nostri cuochi - si evolve e si rinnova sia per quanto riguarda i contenuti nutrizionali (ad esempio con la cucina wellness, cioè quella con più attenzione alla salute), sia per la proposizione delle ultime tendenze (ad esempio con lo street food): insomma, tradizione e innovazione per noi devono convivere e sono entrambe importantissime”.
Oggi sua figlia Valentina la affianca nella gestione dell’azienda di famiglia. Quale valore, prima di tutti, ha voluto trasmetterle?
“Devo innanzitutto dire che Valentina mi sta dando una grandissima mano, in modo particolare proprio per quanto riguarda la parte di innovazione. In questi anni le ho trasmesso più di un valore, gli stessi che mi hanno accompagnato in tutta la vita, lavorativa e non. Mi riferisco alla serietà nei confronti dei clienti e dei collaboratori, alla passione con cui affrontare le sfide di ogni giorno e alla determinazione nel voler migliorare costantemente. Comunque sia, mi permetta con una battuta di fare una precisazione: io non ho ancora abdicato!”.
Nella sua carriera ha mai avuto qualche rimpianto, qualche progetto che avrebbe voluto realizzare ma poi non si è concretizzato?
“Sicuramente, mi è capitato più di una volta e guai se così non fosse, fa parte del corso normale della vita. Ma sono un inguaribile ottimista, abituato a guardare avanti, a rimboccarmi le maniche e a cercare in ogni caso di costruire qualcosa di positivo”.
L’Italia stenta a tenere il passo dei partner europei nella ripresa e molte società storiche finiscono in mano straniera. Come giudica lo scenario economico del nostro Paese?
“Da imprenditore e da italiano vorrei sempre veder primeggiare i nostri brand. Mi rendo conto però che in tempi di globalizzazione questo non è sempre possibile anche perché in Italia vi è difficoltà a favorire una politica di sviluppo, contrariamente a quanto succede all’estero. Questo purtroppo ha riguardato un po’ tutti i settori, dal credito all’industria, passando in generale per il terziario”.
Recentemente ha dichiarato che “I giovani possono fare impresa anche partendo da zero”, come ha fatto lei. Ha molta fiducia nelle nuove generazioni?
“Credo e ho sempre creduto nei giovani, e in ogni era c’è sicuramente la possibilità di fare impresa partendo da zero, anche se oggi è più difficile di ieri, ma il mio invito ai giovani è di cimentarsi di continuo in nuove esperienze e darsi degli obiettivi ambiziosi. Oggi ci sono esempi clamorosi di ragazzi partiti dal nulla che sono arrivati a ottenere addirittura fortune impensabili. Basti pensare a quello che son riusciti a costruire così rapidamente Mark Zuckerberg con Facebook o Federico Marchetti con Yoox!”.