APPROFONDIMENTI

Il tavolo per la cena? Si prenota con un click

Almir Ambeskovic è l’imprenditore che vuole migliorare il modo di fare ristorazione con un’app: ecco la sua storia e le sue idee

di Marcello Floris

Verificare i ristoranti aperti in città, leggere le recensioni, guardare le foto, prenotare ed eventualmente, se cambiamo programmi, modificare o disdire: è l’ultima frontiera della digitalizzazione, che pemette oggi di fare tutte queste operazioni con una sola app e in pochissimi minuti, come già da diversi anni succede per gli alberghi. Un’idea che ha maturato e sviluppato Almir Ambeskovic, imprenditore bosniaco da diversi anni ormai in Italia. 

La sua avventura comincia a Sarajevo, dove è nato. Città dal passato difficile, colpita in pieno dalla guerra in un’epoca, gli anni novanta, in cui l’Europa aveva dimenticato i bombardamenti già da una generazione e mezzo. Ambeskovic allora era ancora adolescente e dovette lasciare la città in pieno conflitto. Iniziò quindi la sua avventura in giro per l’Europa. Germania, Croazia, Italia, di nuovo Bosnia e ancora Italia. Nel Belpaese ha frequentato le scuole superiori ma nel frattempo emergeva già la sua vocazione imprenditoriale. 

Comincia così una storia fatta di studio, di aziende create, valorizzate, poi vendute per inseguire un’altra intuizione. Dal 2014 Ambeskovic è country manager di TheFork, gruppo Tripadvisor. Dopo tanti anni di lavoro in proprio, ora non è più il padrone delle sue attività, ma si è fatto “comprare”:  Ho preso questa decisione – spiega - perché ho potuto continuare a fare quello che facevo prima, da un’altra prospettiva: come imprenditore avevo l’obbiettivo di rendere la prenotazione online dei ristoranti uno strumento utilizzato da tutti. Ho ceduto la mia azienda a Tripadvisor, che è diventata così TheFork. Ho cominciato come Country Manager in Italia per il nuovo marchio, oggi gestisco anche Svezia, Danimarca e Olanda. La crescita esponenziale che stiamo registrando va nella direzione che avevo auspicato in principio. 

Da ragazzino ha svolto un’infinità di lavori, ma il primo vero impiego è stato come pizzaiolo. Poi da un giorno all’altro, appende al chiodo gli arnesi del mestiere, fa il consulente informatico, si iscrive in ingegneria e a soli 20 anni fonda la sua prima startup. Una condotta audace, forse poco comune per i ragazzi di oggi e nemmeno di vent’anni fa?
“Non quanto solitamente si crede, a dire il vero. Come startupper, manager e investitore mi trovo spesso di fronte ragazzi motivati e preparati: con TheFork abbiamo per un paio di anni aderito a progetti universitari e abbiamo collaborato con gruppi di studenti da cui probabilmente potrà uscire qualche promettente nuovo startupper. Così, anche durante un’esperienza di coworking con altre imprese, mi è capitato di incontrare nuove aziende e giovani talenti e credo che ce ne siano parecchi tuttora. La mia storia personale può avermi portato a fare di più e prima di tanti altri, ma in generale c’è del grande potenziale tra i giovani italiani. Spesso si ha la tendenza a sottostimarlo e poi naturalmente mancano politiche a favore dell’innovazione”.

Le circostanze della vita l’hanno portata sicuramente a crescere in fretta, forse però l’indole incline ad essere autonomo e a imparare subito se la sente cucita addosso…
“Certamente questo è un tratto caratteriale che ha condizionato il mio vissuto e molte mie decisioni. Gli episodi hanno contribuito a determinare le altre scelte”.

Torniamo alla biografia da imprenditore. Ha iniziato con la ristorazione, poi ha proseguito con l’informatica. Ha creato due aziende, le ha sviluppate e poi cedute. Possiamo dire che con restOpolis, la sua terza invenzione, ha unito due grandi passioni?
“Sì, certo. Anche se l’idea è nata dall’analisi di un business plan di un’azienda operante nel settore della prenotazione online dei ristoranti, attiva in un altro Paese. Nel 2011 era un fenomeno in crescita all’estero, con startup di successo che fiorivano un po’ ovunque. Allora mi sono detto: perché non in Italia? Il nostro mercato è ricchissimo di eccellenze gastronomiche da valorizzare e che - attraverso la rete - possono farsi conoscere, acquisire nuovi clienti e fidelizzarli. La prenotazione online aiuta il marketing e la gestione dell’impresa di ristorazione. E’ anche uno strumento utile per gli utenti che sempre più spesso consumano fuori casa, informandosi sul web per orientarsi. Ciò detto, i primi tempi sono stati in salita. I gestori erano poco digitalizzati e gli investitori dubitavano che gli italiani potessero chiedere di riservare un tavolo online, nonostante l’elevata diffusione di smartphone. Il tempo però mi ha dato ragione”. 

Quindi arriviamo nuovamente ai giorni nostri: come si è arrivati a TheFork?
“Nel 2015 restOpolis è stata acquisita dal gruppo TripAdvisor, che nel 2014 aveva già comprato la francese Lafourchette. Oggi TheFork è la piattaforma leader in Europa per le prenotazioni online di ristoranti, con un network di oltre 40.000 affiliati a livello globale - di cui 9000 in Italia - e 15 milioni di visite al mese. La piattaforma opera come "LaFourchette" in Francia e Svizzera, "ElTenedor" in Spagna, "TheFork" in Italia, Belgio, Portogallo, Brasile, Svezia e Danimarca. E’ in rete anche in Regno Unito come "TheFork.com“, “Dimmi” in Australia e “IENS” in Olanda. TheFork mette in contatto utenti e operatori, permettendo ai primi di cercare un tavolo online e ai secondi di aumentare le prenotazioni e la fedeltà dei clienti. Attraverso il sito o l’app gli internauti possono facilmente selezionare un locale in base alle loro preferenze (per esempio posizione, tipo di cucina e prezzo medio), consultare le recensioni, controllare la disponibilità in tempo reale e bloccarlo all’istante. Ai  ristoratori viene fornito un software che consente di ottimizzare le richieste e le operazioni, e di migliorare servizio e ricavi. TheFork è uno strumento che offre vantaggi sia ai consumatori, sia agli operatori partner. Sono convinto che a breve tutte le persone individueranno il loro ristorante preferito con un’app e tutti i ristoranti avranno un software di gestione come quello che offre TheFork, che consente di semplificare il lavoro e ottimizzare il riempimento della sala”.

Ritiene che in Italia ci siano ancora molte resistenze all’informatizzazione dei servizi? Ha trovato inizialmente disponibilità tra i ristoratori?
“All’inizio sia i ristoratori sia gli investitori hanno mostrato un certo scetticismo. Dal lato domanda, invece, la risposta è stata più rapida. Tutti sono oggi abituati a fare qualunque azione con lo smartphone e le scelte su dove mangiare non fanno eccezione. Secondo una  ricerca di TradeLab per Mixer del 2016, circa nove italiani su dieci si informano su Internet prima di andare in un nuovo locale. Quando i ristoranti hanno capito e constatato che questi visitatori virtuali potevano diventare clienti reali grazie a un servizio di prenotazione, hanno cominciato ad aderire senza riserve. Va poi aggiunto che il software di TheFork è molto semplice da utilizzare. Oggi direi che l’apertura all’impiego di strumenti di gestione digitale come il nostro da parte dei ristoranti è notevole. Da oltre un anno siamo impegnati con la FIPE, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi in un lavoro di formazione alla digitalizzazione sul territorio insieme a TripAdvisor. Il feedback dei professionisti che incontriamo rispetto all’uso di strumenti digitali per la loro attività è positivo”.

TheFork vuol dire servizi digitali ma anche passione per il cibo: qua c’è una cultura culinaria unica al mondo…
“Già. Il mio piatto preferito sono sempre i cevapcici, una pietanza tipica delle mie parti a base di carne trita speziata, ma le cucine regionali italiane sono eccezionali. Non chiedetemi di stilare una classifica perché sarei in difficoltà. L’eccellenza della ristorazione italiana non si discute, mentre ci sono carenze sul fronte del marketing, della gestione, dell’amministrazione. Secondo l’ultimo rapporto di settore in Italia della FIPE, c’è una mortalità spaventosa delle imprese pari al 48% in cinque anni. Vale a dire che 48 su 100 chiudono creando così un forte turnover che determina perdita di competitività di tutto il sistema sul mercato”. 

Si sente anche un po’ italiano oramai?
“Diciamo che mi sento almeno un po’ milanese: vivo all’ombra della ‘Madonnina’ da diversi anni e Milano la sento ormai la mia città”.

C’è anche un po’ di Emilia Romagna nel suo cuore, visto che è la terra del buon cibo per eccellenza e che è sposato con un’emiliana?
“Esatto, sono sposato con un’emiliana, vado spesso a Reggio e produco anche aceto, quindi è giusto dire che c’è anche molta Emilia Romagna nel mio cuore”.

Sarajevo le manca ogni tanto?
“Come a tutti manca la propria città natale, torno con la famiglia quando posso”.

A quali progetti sta lavorando?
“Oggi sono concentrato su TheFork. Gestendo tanti Paesi viaggio spesso e il tempo libero lo dedico alla famiglia. Come investitore ho puntato su alcune realtà come Martha's Cottage, l'e-commerce dei matrimoni e Checkbonus, app che permette di ottenere in modo semplice e divertente gift card gratuite utilizzabili in migliaia di negozi”.

Fino allo scorso anno è stato anche Vicepresidente dei giovani imprenditori di Assolombarda, con delega alle startup: che messaggio ha voluto trasmettere ai ragazzi che oggi vogliono intraprendere un’attività?
“Di non fermarsi al primo ‘no’. Lanciare un’impresa, specie se innovativa, non è facile e richiede nelle prime fasi molti sacrifici. E poi suggerisco di non lasciarsi abbattere se le cose vanno male. Può succedere che una startup fallisca, ma è comunque un’esperienza formativa”.