Ecco a voi… Pippo Baudo. L'ultimo "imperatore" formato tv
Il conduttore ha ripercorso sessant'anni di carriera, tra aneddoti, memorie e retroscena. "Bocciai Fiorello in un provino perché si dilungava troppo"
Insieme a Mike Bongiorno, Enzo Tortora e Corrado ha scritto la storia della televisione nazionalpopolare. Nelle sue vene non scorre il sangue, ma frequenze televisive. È stato definito l’ultimo imperatore della tv. Stiamo parlando naturalmente di Pippo Baudo, che è tornato a far parlare di sé con un’autobiografia, scritta insieme al giornalista Paolo Conti del Corriere della Sera, intitolata Ecco a voi Pippo Baudo – Una storia italiana (edito da Solferino).
Tanti aneddoti, memorie e retroscena, che il noto anchorman ha raccontato, con l’immutato carisma da prima serata Rai, nelle scorse settimane davanti al numeroso pubblico del BPER Forum Monzani a Modena. Una vita fatta di incontri con tutti i “grandi” della politica, dello spettacolo, del cinema e della musica. Pippo è anche quello che ha lanciato programmi rimasti scolpiti nell'immaginario collettivo, partendo da Settevoci, passando per Canzonissima e Domenica in, senza dimenticare Fantastico e il Festival di Sanremo, di cui detiene il record di conduzioni.
Baudo, quest’anno compie sessant’anni di televisione.
"In effetti sessant'anni sono tanti, arrivarci non è stato facile" (ride).
In questo libro racconta la sua lunga carriera, ma anche l’Italia che stava cambiando e i personaggi che l’hanno rappresentata. Si potrebbe dire “Che storia!”.
"Questo libro è un’opera poliforme, racconta della mia carriera e delle persone che ho conosciuto. La fortuna che ho avuto è stata infatti quella di incontrare tanta gente, soprattutto nel momento più felice della televisione. Con me hanno lavorato tantissimi divi e dive dello spettacolo: da Wanda Osiris a Delia Scala, dalle gemelle Kessler a Sandra Mondaini e Raffaella Carrà. E poi Modugno, Noschese, Arbore, Celentano, Gassman, Sordi, Villa. Tra i giornalisti Montanelli era di casa. Mi sono acculturato con loro. E allo stesso tempo ho vissuto una vera rivoluzione del costume nazionale, di cui sono stato un testimone privilegiato".
Com'è nata l’idea di scrivere un libro?
"Inizialmente ero abbastanza restio a farlo, perché non volevo che uscisse un'autocelebrazione. In questo libro racconto la storia della prima parte della mia vita e di come sono arrivato in tv. A leggerla sembra quasi una favola. E forse la è, perché è andato tutto oltre ogni più rosea aspettativa. In queste pagine c’è molto di me, direi tutto me stesso: le mie esperienze, le mie conoscenze, i miei inizi. È un libro che 'sento' molto. E ringrazio anche Fabio Fazio".
Come mai?
"Mi ha suggerito il titolo".
Ah!
"Sì, perché io volevo intitolarlo solo Una storia italiana, ma mi sembrava troppo presuntuoso. Chi sono, Cavour? Garibaldi?".
E Fazio com'è entrato in questa storia?
"Manifestavo queste mie perplessità a Fabio e lui mi disse: 'Ma il titolo c’è: è Ecco a voi'. Ed è un bel titolo, che colpisce subito. E poi quante volte ho detto, davanti ai teleschermi, 'Signore e signori, ecco a voi...'. È una frase tipica, che mi appartiene".
Si può dire che sia passato dallo schermo alla coscienza collettiva del nostro Paese. In tantissimi la vedono come una persona di casa, come un amico di famiglia. Che effetto le fa ricevere così tanti apprezzamenti?
"In questo senso sono tranquillizzante. Quando appaio la gente dice c’è ancora Baudo, allora ci siamo anche noi’ (ride). Scherzi a parte, mi fa molto piacere. Ogni volta che torno in tv mi fanno una standing ovation gridando 'Pippo, Pippo, Pippo'. È una cosa che mi riempie di gioia, davvero emozionante".
Quali sono i segreti per una carriera così longeva?
"La semplicità, sviluppare concetti alti con un linguaggio corrente. Poi un piccolo sottofondo culturale, che ha sempre accompagnato i miei spettacoli. Non mi sono mai limitato a fare domande e a ricevere risposte, ma ci sono entrato dentro, perché sono un uomo curioso, un uomo di provincia. E i provinciali sono curiosi per natura, perché sono tagliati fuori dai grandi circuiti della comunicazione".
Chiudendo gli occhi e pensando al piccolo schermo qual è il primo ricordo che le viene in mente?
"Sicuramente il primo provino in via Teulada a Roma, il famoso centro di produzione della Rai, con gli autori Procacci e Falqui. Un incontro che credevo non avrebbe portato a nulla di particolare, anche se andò molto bene. Dopo pochi giorni mi richiamarono. Lì per lì pensai a una bocciatura, ma nel giro di pochi giorni mi affidarono Primo Piano, un programma musicale del pomeriggio. I primi ospiti furono Jula de Palma e Johnny Dorelli".
A lei si lega la famosa frase "Questo l’ho inventato io!", una specie di mantra. Un po’ come "Allegria" di Mike…
"È una frase che ho detto una volta e che poi è diventata uno slogan (ride). Si tratta di parole un po’ forti, che però racchiudono qualcosa di vero. Sono stati tanti, infatti, i personaggi che ho scoperto, che ho portato nei miei programmi e che ancora oggi sono protagonisti del piccolo schermo: da La Smorfia, con Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro, a Lorella Cuccarini e Heather Parisi, ma anche Beppe Grillo, Giorgia e Laura Pausini".
Insomma è tutta "colpa" di Baudo... Ma qualcuno le è stato riconoscente?
"Tempo fa dissi che il sentimento comune che alberga negli italiani è l'irriconoscenza. Se ci si aspetta la riconoscenza quella non arriverà mai. Ecco perché chi fa questo mestiere, quello del talent scout, non deve pensare alla gratitudine".
Tra quelli che ha lanciato a quale artista è particolarmente legato?
"Per quanto riguarda il mondo femminile senz’altro a Lorella Cuccarini. La sua storia è una specie di favoletta realizzata bene. Aveva una grande sensibilità e afferrava al volo ogni suggerimento, lo sviluppava artisticamente nel migliore dei modi. Tra gli uomini a Massimo Troisi. Sono stato tra gli scopritori della Smorfia e l’ho portato in tv; da allora mi ha lasciato un segno, ma anche un grande vuoto quando se n’è andato".
Che dire poi dei suoi programmi: da Settevoci (del 1966) fino alla conduzione di ben tredici Festival di Sanremo (l’ultimo nel 2008), tutti scolpiti nelle menti dei più. C'è un’edizione che ha sentito più sua rispetto alle altre?
"La più bella, ma allo stesso tempo la più drammatica, è stata quella del 1987. Quell'anno vinse il trio composto da Gianni Morandi, Enrico Ruggeri e Umberto Tozzi con Si può dare di più. Fu il Festival in cui ospitammo Whitney Houston, che per la prima volta nella storia della manifestazione cantò uno stesso pezzo due volte: da quel momento la sua carriera ebbe un’impennata e non si fermò più. Purtroppo fu anche l’edizione in cui annunciai in diretta la morte di Claudio Villa. Erano le 23.10 del 7 febbraio".
Facciamo un passo indietro. Quando ha deciso che avrebbe lavorato nel mondo dello spettacolo?
"Molto presto, avevo soltanto sei anni! Una compagnia di giro venne nel mio paese, a Militello in provincia di Catania, allestendo un dramma sacro: la storia di Santa Rita. A me diedero da fare la parte del figlio della Santa. Salii su quel palco accompagnato da mio padre e idealmente non sono mai più sceso".
In quella scelta che ruolo ha avuto la sua famiglia?
"Subito la presero come un divertimento, ma mio padre mi vedeva già avvocato. Mia madre, invece, aveva un’idea dello spettacolo tremenda, perché riteneva che quel mondo fosse una sorta di casa d’appuntamenti, da vita frivola. Mio padre temeva quest’avventura. Mi diede comunque un permesso di tre mesi per andare a Roma, dopo di che sarei dovuto rientrare in paese a fare il lavoro 'vero'. Invece non tornai più indietro, se non da presentatore. Poi, quando mia madre mi vide in tv per la prima volta rimase delusa perché non ero apparso dietro a una scrivania con la scritta 'Dottor Pippo Baudo', come si conviene a un laureato…".
C’è mai stato un momento in cui ha pensato di non potercela fare e di mollare tutto?
"Nel 1971, l’anno in cui avrei dovuto condurre Canzonissima, ma che alla fine non mi diedero. Riuscii ad averla solo l’anno dopo. Per fortuna si trattò solo di un momento di scoramento".
Quando, invece, ha capito di essere dentro "la macchina"?
"Dopo aver fatto la prima puntata di Primo Piano, perché me ne assegnarono immediatamente altre sei, quindi sette in totale. Come il mio numero fortunato (sono nato il 7 giugno). Ma la vera svolta avvenne nel 1967 con lo show Settevoci, un talent ante litteram che inventai insieme agli autori di Primo Piano: si trattava di una gara a coppie con un cantante e un concorrente. Inizialmente venne però messo in archivio perché non giudicato trasmettibile. Poi un giorno ci fu un buco in programmazione, a causa del mancato arrivo della cassetta del telefilm Rin Tin
Tin, così lo mandarono in onda all’ultimo ed ebbe un incredibile successo".
Oggi in tv esiste un suo erede?
"Non bisogna avere degli eredi. Ognuno deve avere una propria personalità. Agli inizi della mia carriera in tv lavoravano già tre grandi personaggi: Mike Bongiorno, Corrado ed Enzo Tortora. Io feci di tutto per non assomigliare a nessuno di loro, volevo distinguermi con un mio genere. Mi lanciai così sulla musica".
A un giovane che consigli darebbe?
"Di leggere, di studiare, di sapere. Di essere curioso. E di mettere almeno un trenta per cento di cultura in quello che fa".
A guardarsi indietro rifarebbe tutto? Ha qualche rimpianto?
"Rifarei tutto quello che ho fatto, anche se con Fiorello...".
Perché, cosa successe con Fiorello?
"Nei provini per il primo Fantastico del 1986 mi serviva un cabarettista che intrattenesse il pubblico con un breve monologo. Rosario era tra i candidati, ma si presentò con uno sketch di trenta minuti! Decisi così di scartalo. A distanza di anni devo ammettere che quella volta toppai".
In questo momento della vita ha scoperto qualcosa di nuovo? Cosa la sorprende?
"Escludendo forse il cinema, stiamo vivendo un momento di qualità media molto bassa, sia nello spettacolo che nella musica. Non c’è niente di importante, di eccitante, di nuovo. Negli ultimi anni si sono moltiplicati i talent, le competizioni canore. Ma non è possibile sfornare troppi talenti all'anno, perché sono destinati a non avere seguito e la giusta attenzione".
Per concludere. Quale sarà il prossimo grande successo di Pippo Baudo?
"Ci sarà. Non so ancora quale, ma ci sarà!".