EDITORIALE

Vitalità dei distretti e ripresa strutturale

di Eugenio Tangerini

La manifattura italiana è la locomotiva d’Europa. Ormai ne abbiamo certezza: sta trainando la ripresa e supera Francia e Germania, quanto a capacità di tornare ai livelli pre-pandemia. Ma non solo: quasi un’azienda su quattro ha avviato negli ultimi anni il rientro totale o parziale di forniture dall’estero – spiega il Centro studi di Confindustria – per garantire un’elevata qualità dei prodotti e abbattere i tempi di consegna.
Intanto, grazie al poderoso rimbalzo del terzo trimestre, l’anno dovrebbe chiudersi con un PIL italiano a +6,2% o anche oltre, migliorando le previsioni di ottobre. Non ci sono solo notizie positive, certo, perché gli alti costi dell’energia, la scarsità di materie prime e la risalita dei contagi hanno causato incertezza e un rallentamento nell’ultimo scorcio dell’anno. Ma la situazione è nel complesso positiva, specie se la confrontiamo con quella, terribile, della primavera 2020, quando la produzione industriale subì un vero tracollo.
Ecco perché, con riferimento al nostro sistema produttivo, i termini di gran lunga più usati negli ultimi tempi sono "resilienza" e "dinamismo". Ma c’è anche un altro aggettivo, "strutturale", che compare in molte analisi, sia per esorcizzare il timore che solo di rimbalzo si tratti, e non di ripresa consolidata, sia per descrivere quell’esigenza di riforme in vari ambiti – transizione digitale, formazione e investimenti in infrastrutture – che è il tratto distintivo del PNRR, cui per giudizio unanime sono affidate le sorti del Paese.
Se dunque il Piano di Ripresa e Resilienza avrà successo, potrà dare una svolta continuativa alla crescita, con effetti benefici sulla produttività che è da anni un punto debole, soprattutto nell’ambito dei servizi. Bisogna investire in capitale tecnologico e umano, agevolando i percorsi aziendali di digitalizzazione e innovazione sostenibile. Attività, queste, che chiamano in causa molti attori pubblici e privati, con le banche in primo piano. Oggi per accompagnare la ripresa non è più sufficiente rispondere alle richieste: bisogna pensare in chiave prospettica e comprendere l'evoluzione delle imprese, soprattutto medie e piccole, che sono una parte virtuosa ma non priva di debolezze dei distretti industriali. 
Le aziende maggiori, infatti, hanno accesso a un ampio flusso di informazioni e governano le filiere, mentre le Pmi vanno sostenute non solo in termini finanziari, ma anche con un'attività di consulenza qualificata, che le aiuti a cogliere ogni opportunità, facendo luce su aspetti normativi e procedure. Ecco uno dei compiti, non facili, che il sistema bancario ha di fronte: lavorare perché lo "scarico a terra" degli investimenti legati al Piano produca effetti positivi sulle filiere produttive, alimentando in modo strutturale la ripresa.