Nicolò, il ragazzo che fa lezione ai giovani profughi di Samos
Nell'hotspot greco il cremonese Govoni ha creato, con la sua piccola onlus "Still I Rise", la prima scuola per minori dell’isola
Samos è un’isola greca dell’Egeo orientale, collocata poco lontano dalla costa della Turchia. Famosa per il suo mare cristallino, i suoi vini – soprattutto il moscato – e i suoi alberi di ulivo, cedro e fichi, l’isola fu, tra gli altri, il luogo di nascita del matematico Pitagora e del filosofo Epicuro.
Da qualche anno Samos è anche una delle cinque isole che ospitano rifugiati nella parte orientale della Grecia: centinaia di uomini, donne e bambini provenienti da Siria, Afghanistan, Iraq, ma anche dall'Africa, che ogni giorno tentano la traversata in mare per giungere in Europa e accedere al sistema di asilo politico e protezione internazionale. Una volta raggiunte le coste dell’isola, però, i migranti si trovano di fronte a qualcosa di molto diverso da quello che speravano.
Il campo profughi, situato su una base militare dismessa e arroccata nelle pinete sopra la frazione di Vathy, è stato costruito dal governo greco e pensato per ospitare 650 persone. Oggi, invece, conta una popolazione di circa 3800 abitanti (dato UNHCR aggiornato ad agosto 2019). Di questi circa il 49% è composto da donne e bambini, tra cui circa 200 minori non accompagnati e privi di un’adeguata protezione e tutela.
Nell'hotspot, letteralmente "punto caldo" – così si chiamano i centri sulle frontiere esterne dell’Unione in cui si procede a registrare i cittadini stranieri appena sbarcati per identificarli e separarli da altri migranti irregolari – lo spazio è esaurito: le persone vivono in tende accampate nel bosco o in container sovraffollati. La distribuzione di cibo non è sufficiente e richiede ogni volta circa cinque ore di coda. Si stima esista una doccia ogni 200 persone. L’assistenza sanitaria conta due medici per 3800 persone. Il tempo di permanenza medio è di sei mesi, con picchi di due anni. I rifiuti si accumulano quotidianamente intorno alle tende. I servizi igienici, le cui tubature sono spesso danneggiate, si sono tramutati in uno scarico a cielo aperto che scorre vicino e intorno alle tende.
In quella che sembra essere a tutti gli effetti una prigione sovraffollata, dove migliaia di persone, tra cui molti bambini, sono rimasti intrappolati, ecco spuntare un raggio di luce, una speranza. Si tratta di Still I Rise, una piccola onlus fondata nell'estate del 2018 da tre ragazzi, Nicolò Govoni, Giulia Cicoli e Sarah Ruzek, con l'obiettivo di offrire educazione scolastica e protezione ai minori rifugiati nell'hotspot di Samos. Dal loro impegno è nata "Mazì" – che in greco significa "insieme" – la prima scuola per bambini e adolescenti (ragazze e ragazzi dai 12 ai 17 anni) che abitano nel campo e che, dopo un’infanzia vissuta tra guerre, distruzione e discriminazione, e un viaggio migratorio estenuante, meritano di frequentare un’esperienza scolastica eccellente.
"Il programma scolastico prevede lezioni di inglese, greco, matematica, arte, storia, geografia, computer, teatro e musica – ci racconta Nicolò –, ma anche cultura europea, diritti delle donne, intelligenza emotiva".
La scuola vuole essere soprattutto un luogo sicuro per i circa 150 bambini che la frequentano; per questo lui e gli altri membri dello staff – volontari internazionali, qualificati e selezionati per la loro esperienza e formazione, che prima di incontrare i ragazzi seguono un percorso formativo e di training in loco – hanno deciso di tenere aperta la struttura anche alcune sere la settimana e il sabato. "Dalle 8.45 alle 18, dal lunedì al venerdì, accogliamo e proteggiamo i nostri studenti – prosegue Nicolò – offrendo loro colazione e pranzo, ma anche attività artistiche e di aggregazione, giochi in scatola, tutoring, acqua e frutta fresca, e una libreria multilingue. Il sabato, invece, è dedicato al tempo libero condiviso, al gioco, ai videogames e al cinema, mentre in serata invitiamo gli studenti a una cena seguita da un tempo di festa".
Tutto questo è possibile grazie ai fondi che l’associazione riceve dalla gente comune, soprattutto dall'Italia, che Nicolò tiene puntualmente aggiornata dalla sua pagina Facebook, seguita da più di 276 mila persone. Dallo scorso giugno anche dai proventi della vendita di "Se fosse tuo figlio" (Rizzoli Editore), un libro-denuncia in cui racconta le difficili condizioni che i migranti approdati nell'hotspot di Samos sono costretti a vivere, ma anche l'esperienza luminosa e piena di coraggio di un bambino senza futuro, Hammudi, e di un ragazzo, Nicolò, che lotta per ridargli speranza. "È un modo per far conoscere e per raccontare la storia di questo luogo e di queste persone – afferma l’autore –. L’Europa è qui, ma dimentica la miseria dei rifugiati".
Il percorso al servizio degli altri di Nicolò è però cominciato nel 2013, a vent'anni. In quel periodo si è infatti trovato di fronte alla scelta di rassegnarsi a vivere una quotidianità che non sentiva propria, ma agiata, o quella di darsi da fare e provare a migliorare le cose. "Prima di finire a Samos – dice Nicolò – sono stato per quattro anni volontario dell’orfanotrofio Dayavu Boy's Home in India. Lì ho frequentato l’università e dato vita a un fondo per l’educazione, mandando i bambini più piccoli a scuola e i più grandi all'università. Mi sono fatto le ossa e ho acquisito esperienza e competenza su come si gestisce una ong".
Quello che più emoziona della storia di Nicolò, che oggi di anni ne ha ventisei, sono il suo entusiasmo e la sua tenacia. "Qui a Samos stiamo affrontando le falle di un’enorme crisi umanitaria e di un sistema corrotto – afferma il ragazzo –. Lavoriamo tutti dodici ore al giorno, senza pause, anche se mi sembra di farne molte meno. Spesso sono stanco fisicamente, ma tutti i giorni sono invaso dalla gioia del giorno nuovo, da passare nella scuola che abbiamo costruito senza compromessi per aiutare davvero i bambini. Questo mi fa sentire la persona più fortunata al mondo".
Ma il lavoro di Nicolò e dei suoi collaboratori non si ferma qui. In linea con l’obiettivo primario di offrire educazione e protezione ai minori, Still I Rise sta lavorando per replicare il "modello" Mazì in altre aree del mondo. La seconda scuola sarà aperta nell'autunno di quest’anno in Turchia, il Paese con il più alto numero di rifugiati al mondo, dove sono presenti 3,5 milioni di profughi siriani e afghani, di cui il 70% sono donne e bambini. Perché "tutti i bambini dovrebbero avere la possibilità di accedere a un’educazione gratuita e di qualità".
L'obiettivo su scala globale è quello di raggiungere e recuperare i minori profughi in Paesi come Libia, Yemen, Bangladesh e Messico, dove si registrano costanti violazioni dei diritti umani fondamentali e fallimenti da parte delle autorità nel provvedere ai bisogni del bambino. "Non sono figli nostri – chiosa Nicolò – ma potrebbero esserlo. Anzi, per me è come se lo fossero. E se non noi, chi? Se non ora, quando?".