Startup, innovazione e sviluppo: quale futuro in Italia?
Le imprese all'avanguardia, poco citate negli ultimi dibattiti economici, sono importanti per migliorare il livello di competitività del Paese
La recente campagna elettorale ha visto fronteggiarsi
movimenti, coalizioni e partiti su argomenti quali immigrazione, sicurezza, lavoro,
rapporti con l’Unione europea.
È stato molto poco discusso, invece, un tema ugualmente
essenziale per le prospettive di crescita e sviluppo del Paese: quello del
sostegno a startup e pmi innovative. Perché questi argomenti dovrebbero essere più
presenti nell’agenda politica? Perché di per sé questo tipo di aziende sono in grado
determinare crescita economica e di creare un humus fertile per la
competitività che porterebbe di conseguenza benefici diffusi non solo
all’economia ma anche alla nostra società nel suo complesso: idee, sperimentazioni
e scoperte migliorano il nostro tenore di vita, possono portare a maggiori livelli
di sicurezza, a una migliore tutela della salute, a un aumento della diversificazione
e della qualità di prodotti e servizi, a una protezione dell’ambiente più
scrupolosa. Oltretutto, modernizzazione e conoscenza viaggiano a ritmi un
tempo impensabili, per cui non fare investimenti o rimanere troppo inerti in questa
direzione significa restare sempre indietro e dipendere da altri Paesi più
attivi. Oggi, quindi, è fortemente auspicabile che questi temi facciano parte
delle politiche economiche attive. Le basi su cui lavorare sono interessanti:
l’Italia è piena di giovani capaci e ben istruiti che preferirebbero mettersi
in gioco nelle loro città piuttosto che dover emigrare, ma non sarebbe male
ambire anche a far tornare i cervelli già andati in fuga o creare le
circostanze giuste per attirare quelli stranieri. Le startup, pur tra tante difficoltà
e incoerenze, sono in continuo aumento: 8.315 a dicembre 2017, secondo i dati
di InfoCamere, +74% negli ultimi due anni. Ma fra tutte queste, troppe continuano
ad annaspare alla ricerca di finanziamenti che stentano ad arrivare. Essere
startup in Italia oggi significa essere dentro all’ormai famoso “Registro” (introdotto
col decreto “Crescita 2.0” del ministro Passera, nel 2012) al quale si accede
se si rispetta una serie di requisiti di input, forse un po’ troppo formali e burocratici
per un mondo invece basato sulla dinamicità. Questa è la condizione principale per godere di una serie
di diritti e facilitazioni, ma anche per beneficiare di una disciplina del
lavoro ad hoc.
Nelle economie internazionali, invece, ci si riferisce alle
startup parlando essenzialmente di un business model scalabile e ripetibile
(cioè che può crescere velocemente e può essere riproposto in luoghi
Cosa si potrebbe fare in più, dunque, perché i modelli virtuosi si moltiplichino e creino un circuito di crescita? Si dovrebbe innanzitutto attivare un cervello unico che pensi a una sistema di sviluppo univoco e concreto. Oggi le iniziative pubbliche in favore delle startup e delle imprese innovative mancano di una vera governance, polverizzata tra diversi ministeri, enti locali e agenzie, con conseguente dispersione di energie, di fonti di finanziamento e di aiuti. Il Regno Unito – patria delle startup – ha lanciato nel 2011 la campagna Start-up Britain, attraverso la quale il governo incentiva le società già affermate a trasferire know how alle nuove imprese. A questo si aggiunge una legislazione chiara, lineare e procedure burocatiche molto semplici e poco costose. Passi la considerazione che Oltremanica c’è tradizionalmente un’effervescenza rivolta all’innovazione più consolidata della nostra, ma c’è anche il caso della Francia, alcuni anni fa con una situazione analoga alla nostra in tema di startup, oggi senza dubbio più avanti. Lo stato francese ha creato French Tech, il programma lanciato nel 2013 dal governo per promuovere la crescita e lo sviluppo delle startup tecnologiche ad alto potenziale, che ha dato finora ottimi frutti: con questo programma le startup francesi possono contare su una serie di benefici, tra cui l’enorme visibilità data dall’organizzazione di grandi eventi e godere di un supporto notevole per accedere a mercati esteri tramite la creazione di Hub specifici in giro per il mondo.
STARTUP NEL NOSTRO PAESE: CI SONO ANCHE GLI ESEMPI POSITIVI
Per provare a contrastare ogni pessimismo e conferire
fiducia alle capacità tecniche e realizzative del nostro Paese, rivolgiamo uno
sguardo ad alcune startup italiane che possono fungere da esempi. BPER Banca,
attraverso Startup Innovative, ha finanziato importanti progetti che si sono
rivelati azzeccati. Nel 2013, per esempio, la piccola startup modenese Energy
Way entrò in contatto con l’Istituto, che ha creduto nel suo modello di
business. Oggi Energy Way è ormai una PMI, fornisce servizi di Data Management
e Intelligenza Artificiale per l’ottimizzazione dei processi a oltre 200
aziende e collabora con Partner tecnologici quali Microsoft e IBM. In poche parole:
“Aiutiamo le imprese a trovare soluzioni che rendano più efficienti gli iter produttivi”
- spiega il Ceo Fabio Ferrari - “analizzando, attraverso algoritmi matematici, una
serie di informazioni di input e restituendo dati in output che fungono da base
per nuove strategie”.
Startup e innovazione possono certamente esprimersi anche al
femminile, per cui è interessante e significativo raccontare anche la bella
storia di due donne che hanno creato e cresciuto una delle migliori startup in
Italia: parliamo di Codemotion, che attraverso una piattaforma specializzata gestisce
conferenze per sviluppatori e percorsi di formazione in digitale. Fondata a
Roma nel 2013 da Chiara Russo e Marta Marzocchi, Codemotion oggi coordina più
di 500 eventi all’anno, è presente in cinque Paesi ed è uno dei maggiori punti