Millennial: luci e ombre di una generazione discussa
Succubi dei social e in cerca di gratificazioni istantanee, ma anche colti, cosmopoliti e ottimisti. Ecco il ritratto dei giovani di oggi
Teorizzati dagli studiosi W. Strauss e N. Howe, i Millennial o Generation Y sono la generazione di nati tra i primi anni ‘80 e il 2000. Accomunati dalla stessa cultura, prevalentemente americana, connessi dai social e sospinti dalle “onde” della globalizzazione, sono la prima generazione globale e digitale. Una vera Eldorado per gli esperti di marketing, impegnati nello studio di modelli di consumo online. Quella dei Millennial è infatti una presenza massiccia sul web: solo in Italia, a marzo del 2015, se ne contavano 8,3 milioni, il 75% degli utenti online (elaborazione Nielsen su dati Audiweb).
S. Sinek, scrittore e consulente marketing, ha affermato che essi sono vittime di “fallimentari strategie genitoriali”, motivo per cui godranno di una bassa autostima. Abituati a sentirsi dire “sei speciale” ben oltre l’età infantile e a ricevere premi immeritati, i Millennial presto o tardi si imbattono nel mondo, quello vero. E’ li che l’immagine di sé si infrange e che la realtà rifiuta la loro presunta grandezza come assioma. Secondo S. Lyons, uno degli autori del libro “Managing the new workforce: international perspectives on the millennial generation”, questa generazione ha la più alta probabilità di aspettative disattese e il più basso livello di soddisfazione riguardo la carriera.
Sinek sostiene inoltre che i Millennial non sono in grado di gestire lo stress e si rivolgono ai social come strumenti di gratificazione istantanea. Il rilascio scientificamente dimostrato di dopamina da parte del cervello, alla ricezione di messaggi o like, comporta infatti un’immediata sensazione di piacere e appagamento. Essa dà assuefazione e spinge al comportamento che la produce. Così, il massiccio ricorso ai social per sfuggire dallo stress rischia, se avviene in gioventù, di impedire il naturale sviluppo delle abilità sociali utili alla creazione di relazioni autentiche e profonde.
Ben altro è il ritratto dei Millennial che emerge dal sondaggio europeo di “Generation what”. Il progetto, coordinato dalla European Broadcasting Union - Rai in collaborazione con Rep.it, ha coinvolto un milione di ragazzi europei tra i 16 e 34 anni fino allo scorso aprile, su diverse tematiche. Ecco alcuni risultati.
I giovani europei mostrano una forte sfiducia nelle classi governative (media dell’83%) e nei mass media (90% in Italia). Ciononostante oltre due terzi non rinunciano a esprimere il proprio diritto di voto. Il 73% ritiene che l’immigrazione arricchisca la società e quasi un terzo sarebbe persino disposto ad aprire i confini a tutti gli immigrati, indipendentemente dai motivi del viaggio. Questa mentalità cosmopolita si riflette sulla sentita natura europeista (65%) e su quella globale (media del 30%).
Questo sondaggio smentisce inoltre, almeno in parte, quanto sostenuto da Kinsen. L’idea di una vita poco appagante, per esempio, è mitigata da un 73% di Millennial che lega la propria felicità alla lettura (98%, nel caso della musica). Contrariamente alla dipendenza da social, oltre la metà afferma che internet non è vitale per la felicità e quasi due terzi dicono di poter sopravvivere senza smartphone (principale mezzo di navigazione in rete). E poi, altro che rapporti superficiali! Ben l’86% degli intervistati considera fondamentale nell’arco della vita l’amore e ancor di più l’amicizia (92%). Se aggiungiamo un certo ottimismo per il futuro (media del 63%) e un energico sentimento di possesso del proprio destino (media del 72%), allora questa generazione sembra avere delle buone carte al “tavolo” del prossimo avvenire. La mano è più difficile del solito, ma il jackpot è sempre lo stesso: una vita appagante e serena.