"Quarter life crisis": la crisi dei venticinquenni diventa virale
Un futuro sempre più incerto e precario è causa di confusione e preoccupazione per oltre il 90% dei "Millennial"
Antonio Gramsci diceva: “Crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere”. Nella Generazione Y, quella che comprende i giovani nati tra il 1980 e il 2000, caratterizzata dai nuovi media e da un mondo più virtuale che reale, la crisi non poteva che dilagare anche online. La “Quarter life crisis” si è infatti diffusa nel mondo virtuale, ad esempio su Twitter con l’hashtag #quarterlifecrisis, unendo tutti i giovani colpiti dalla cosiddetta “crisi dei venticinque anni”. Una crollo, per così dire, che anticipa di molto quello di mezza età e che segna un passaggio di vita ben preciso. Esso rappresenta infatti quella fase di transizione tra l’adolescenza e l’età adulta, in cui i giovani si sentono persi, come un naufrago in un mare di incertezze. La condivisione online di questo stato di ansia li aiuta a sentirsi meno soli, perché in fondo è anche questo lo scopo dei social: accorciare le distanze. Si creano così dei veri e propri rapporti di solidarietà tra le persone, unite da un problema comune.
A studiare questo fenomeno, diffuso soprattutto nel mondo occidentale, è stato Oliver Robinson, psicologo dell’università di Greenwich in Gran Bretagna. Gli esperti hanno quindi suddiviso la QLC (Quarter Life Crisis) in quattro fasi. Nella prima si ha la sensazione di essere quasi intrappolati in un rapporto, professionale o privato che si fa fatica a portare avanti. La seconda fase fa poi maturare la consapevolezza che sia possibile stravolgere la difficile situazione che si sta vivendo, attraverso un distacco. Nella terza si cerca invece di ricostruire una propria identità per poter ricominciare. Nella quarta, infine, ci si proietta nel consolidamento degli aspetti riguardanti le nuove ambizioni, quelle del nuovo sé.
Quelli che dovrebbero essere anni spensierati, in cui tutto ancora sembra possibile e realizzabile, si trasformano invece in anni di ansia e di paura per un futuro sempre più incerto. I giovani di oggi, i cosiddetti Millennial o Generazione Y, si sentono infatti travolti da un male comune: l’ansia per il proprio futuro. Un fenomeno che colpisce il 90% dei ragazzi e delle ragazze tra i 25 e i 35 anni. In questa fase della vita si dovrebbe avere la forza e l’energia di “spaccare il mondo”, ma il peso delle responsabilità (dove sto andando? come posso mantenere un figlio? come posso pagare un mutuo?) li fa vivere in un perenne stato di turbamento. E mentre il tempo scorre cresce l’angoscia per non sapere cosa ne sarà del loro futuro, in un costante rimuginio che porta i giovani a chiudersi in un limbo di insoddisfazione e, a volte, di depressione.
I Millennial italiani devono poi sopportare il fastidioso epiteto di “bamboccioni” o “mammoni”, che gli è stato affibbiato qualche anno fa da alcuni politici e usato ancora oggi. Ma in una società dove vengono proposti quasi esclusivamente contratti da stagisti, spesso neanche retribuiti, o a tempo determinato, i giovani come possono permettersi di andare a vivere da soli?
Secondo i dati Istat usciti a gennaio 2018 la disoccupazione giovanile è diminuita dell’1,2% rispetto a dicembre 2017, ma solo grazie all’aumento di contratti a tempo determinato.
Gli anni passano e le possibilità di crearsi una famiglia si proiettano sempre più in avanti. Una situazione che tiene in scacco un’intera generazione, che si sente così sempre più insoddisfatta, preoccupata e demoralizzata. Tutti i sogni e i progetti di questi ragazzi si sgretolano davanti ai loro occhi. Le loro aspettative vengono continuamente deluse, aumentando il loro stato d’ansia e allungando, di molto, la possibilità di vedersi finalmente realizzati.
L'intera vita è fatta di alti e bassi, ma non si può continuare a negare a questa generazione la possibilità di vivere le esperienze che dovrebbero invece affrontare alla loro età.